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Fra le diverse terapie volte all’interruzione delle tossicodipendenze da alcol, oppiacei e cocaina, quelle che prevedono l’impiego di sostanze che “dilatano la coscienza” – note anche come psichedelici o allucinogeni – hanno generalmente dato risultati promettenti. Ma lo sviluppo di queste tecniche di disintossicazione ha sempre sofferto delle limitazioni legislative e del tabù associato all’impiego di psichedelici che pervade l’ambiente scientifico e medico sin dai tempi della condanna legale e morale di queste sostanze nella cultura occidentale, avvenuta negli anni 60 del XX secolo. LSD, psilocibina, ibogaina, ketamina, ayahuasca, sono state utilizzate nelle psicoterapie psicolitiche e psichedeliche per la cura dei più svariati disturbi psico-fisici, incluse le tossicodipendenze; eppure, nell’ambiente medico italiano è diffusa l’erronea idea che si tratti di tecniche per lo più utopistiche e per di più appartenenti a un passato ormai remoto. Al contrario, laddove i contesti legislativi e culturali lo permettano, queste tecniche continuano a essere sviluppate e perfezionate.

Questo libro presenta un caso attuale di disintossicazione da droghe pesanti con impiego di ayahuasca, una potente bevanda visionaria dell’Amazzonia. Si tratta del centro Takiwasi, che dal 1992 opera nell’Amazzonia peruviana e che l’autore ha studiato mediante una permanenza in loco di tre mesi. Il sistema terapeutico adottato a Takiwasi integra la medicina tradizionale del luogo con tecniche di psicologia transpersonale, gestalt e psicoanalisi, e il punto di forza della terapia disintossicante si basa su metodi depurativi tradizionali, con la somministrazione di piante emetiche e purganti, congiuntamente all’assunzione di ayahuasca come catalizzatore di consapevolezza. Takiwasi è un centro non coercitivo, apolitico e aconfessionale, dove l’individuo può interrompere quando vuole il percorso di cura, e dove il suo unico compromesso d’entrata è quello di “essere responsabile del suo proprio processo personale”. Il trattamento si basa su un flusso continuo sinergico fra tre “assi terapeutici”: piante, convivenza e psicoterapia. Le ritualità attraverso cui si sviluppa questo sistema non sono associate a specifiche ideologie religiose o morali, bensì sono di tipo pragmatico e “universali”, volte a facilitare nell’individuo l’insorgere di scoperte di natura spirituale e di auto-consapevolizzazione, che sono alla base di quel rafforzamento della fiducia in se stessi e dell’apprezzamento dell’”Io sobrio”, fondamentale per il successo duraturo del percorso terapeutico.

Le pratiche impiegate a Takiwasi sono riconosciute e approvate istituzionalmente sia in Perù che all’estero e, accanto alle finalità terapeutiche, vengono svolte nel centro attività di ricerca fitoterapica, con produzione di medicinali coadiuvanti i trattamenti terapeutici, e anche attività di formazione di terapeuti con indirizzo sulle terapie di disintossicazione “non-convenzionali” (una formazione che risulterebbe alquanto utile agli operatori italiani del settore). E’ significativo il fatto che i terapeuti che svolgono attività a Takiwasi siano invitati a esperire un iniziale percorso personale di iniziazione a di auto-sperimentazione, mediante l’assunzione delle medesime piante emetiche, purganti e di modificazione della coscienza adottate nel percorso terapeutico per gli individui che intendono interrompere le loro dipendenze e che mai, nel centro, vengono chiamati né considerati “pazienti” o “malati”. (Un ringraziamento a Giorgio Samorini, per la descrizione del libro).

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